Succede che una domenica pomeriggio rinunci al classico zapping tra i provider in streaming che tanto hanno cambiato il mio modo di guardare la televisione, compatibili con i pezzetti di tempo libero distribuiti in qualche giornata festiva, e invece mi ritrovo su Rai1 a guardare Domenica In, condotta da Mara Venier. Inizia il giro degli ospiti – no, non sono ospiti, sono pezzi di vita propria che l’anfitrione concede a piccole dosi alla condivisione da parte dei suoi amici televisivi. Nessuno è escluso: qui non si litiga, non si grida, non ci sono titoloni. Piuttosto, pervade un senso di buonismo che evoca edizioni storiche del programma (ad esempio quelle condotte da Corrado Mantoni), in cui spesso ci si ritrovava a sorridere compiaciuti di fronte a storie verosimili come la nostra vita, quella di tutti i giorni.
In mezzo al tourbillon c’è lei, la Venier. Il tempo sembra non essere passato, il suo aspetto è immutato come la sua anima, che trapela ad ogni piè sospinto, in ogni inquadratura. Sarà vero – o, piuttosto – sarà vera? La domanda cresce man mano che le storie narrate con morbidezza ti coinvolgono senza turbarti, ti rendi conto che questa televisione appartiene più a “Da Da Da” che al 2019. Eppure continuo a guardare il programma, talvolta lo ascolto come provenisse dalla radio, perché non è ingombrante, è garbato e un po’ all’antica, ma pare autentico e mi tiene compagnia in questo pomeriggio d’inverno. Chissà cosa ne pensano i Millennials…
Mara si commuove e piange sommessamente, piange spesso, ricordando i vecchi tempi con i suoi amici – rivelando particolari rigorosamente unofficial di personaggi storici e famosi, esce dalla scena trattenendo le lacrime, dimentica le inquadrature, rientra e si scusa, come farebbe uno di noi in un dopopranzo domenicale in famiglia, ricordando i bei tempi andati. E ci ricorda che anche la televisione, dall’altra parte, è fatta di persone normali, e lei è prima tra quelle, quasi una garante. Si schernisce, non accetta il ruolo di incantatrice della domenica. Credo che, se potesse, indosserebbe un vecchio maglione di lana e si darebbe un trucco leggero, per dimostrare di essere ancora più vera e genuina, in barba a tutte le tecniche di mistificazione tipiche di tutti i canali del mondo, e a qualsiasi regola precostruita degli ascolti a tutti i costi.
Si rivolge alla telecamera come se parlasse a un vecchio amico, traduce in parole semplici le storie di cui si parla, e fa capire ogni volta che loro, quelli della TV, sono lì per caso, e lei stessa è una persona normale in prestito alla televisione. Tutti i suoi ospiti, che sono pezzi della sua vita, le si affidano con slancio, e si prestano a questa confessione quasi inconsapevole. Ebbene sì, siamo persone normali, con i nostri problemi, spesso la fortuna ci ha portati in alto dopo tanti occasionali rovesci, e potremmo ricadere giù in qualsiasi momento. Nè superuomini, né superdonne. E lei gongola, perché riesce a ridurre ai minimi termini lo spessore dello schermo, e porta in casa storie nostrane, raccontate dai suoi amici alla sua maniera. Il frammento di tempo libero è finito, spengo il televisore e resta un po’ di malinconia; ricordando come eravamo, riflettendo su come siamo diventati.